Sottofondo “Paul et Valérie” di Laurent Aknin
Tu, dopo cosi’ tanti anni.
Dopo il dolore, il male, la sconfitta e la delusione.
Dopo una passione folle e unica.
Sempre tu.
Come se nel profondo di me nulla potesse scalfirti.
Senza ragione.
Senza che nulla sia cambiato.
Nessuno dei meccanismi che mi hanno allontanato o attratto.
Tutto é immutato.
I tuoi difetti sono li’ a guardarmi, forse inaspriti dal tempo.
I tuoi pregi anche…
Ed io, ancora qui, a scrivere di te, solo per cercare di trovare un senso a questo attaccamento, che é appartenenza e possesso.
E che tormenta me sola.
Come poter immaginare che tu capisca, quando neppure io so darmi una spiegazione razionale.
Come fermare il cuore, sempre lui, che unisce, disfa e ricuce, ed ha sentieri che non conducono da nessuna parte, se non a sé stessi.
Volerti affianco per tutta la vita, e voler esserti accanto fino all’ultimo giorno, ma in un modo che non ha nulla di convenzionale.
Semplicemente quello con cui due anime affini e diverse si tengono per mano, sostenendosi nelle cadute e applaudendo alle vittorie, da lontano, presenza ed assenza discrete.
Per non disturbare..
Un bene senza ruoli, senza definizioni.
Esserci.
Per quello che si é stati, per quello che ci si é donato, magari anche inconsapevolmente.
Forse solo perché hai conosciuto la parte più bella e quella più brutta di me, ed io ho fatto lo stesso con te.
E perché per maturità e pudore quei due estremi non li abbiamo più svelati.
Per un amore che é appartenuto solo a te e che una volta creato non puo’ spegnersi, ma solo modificarsi.
E non assomiglia più a nulla che sia già stato definito.
Perché é immune da gelosia, da rancori antichi o egoismo.
E non é più esclusivo, forse perché non lo é mai stato.
E’ senso di appartenenza, familiarità e non sporca rapporti già esistenti o che verranno.
Il bene, senza distinzioni, senza qualifiche.
Innata, inspiegabile unione di anime, che nemmeno la morte riesce davvero ad oscurare.
Un sipario che non riesco a far calare sui nostri nomi.