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Interviste

Intervista a Beatrice Avanzi, Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres

Beatrice Avanzi. Un amore per l’arte. Un Amore per Parigi.

 

Beatrice Avanzi é stata conservatore al Museo d’Orsay, Direttrice della programmazione culturale per Culturespaces e direttore della programmazione al Museo Jacquemart André e al Maillol

 

Ho avuto il grande privilegio e l’onore di lavorare con lei in uno dei Musei più belli del mondo.

E’ stata la mia mentore, il mio capo attento e paziente, ed infine è diventata una delle persone a me più care, compagna di moltissime scorribande nei negozi parigini.

Lei è Beatrice Avanzi.

Storica dell’arte specializzata nella pittura italiana ed europea del XIX e XX secolo e una grande amante della città di Parigi.

La sua storia parte dal 2002 dove per dieci anni è stata curatrice presso il Mart, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.

Dal 2012 inizia poi la sua avventura a Parigi dove fino al 2017 è stata conservatrice al Dipartimento di Pittura del Musée d’Orsay, dove ha curato, tra le altre, le mostre «Les Macchiaioli. Des Impressionnistes Italiens?», «Frida Kahlo / Diego Rivera.

L’art en fusion», «Dolce Vita ? Art décoratif italien 1900-1940, du Liberty au design industriel»

«Adolfo Wildt. Le dernier symboliste», « Au-delà des étoiles. Le paysage mystique de Monet à

Kandinsky ».

Lasciato il tempio sacro dell’Impressionismo è stata per un anno Direttrice della programmazione culturale per Culturespaces, a Parigi, dove ha diretto le esposizioni di tre musei: Musée Jacquemart-André e Musée Maillol (Parigi) e Centre d’art Caumont (Aix-en Provence).

Dal novembre 2019 è diventata curatrice responsabile dell’Area moderna presso il Mart di Rovereto.

E da ultimo ma non meno importante è stata insignita nel 2015 del titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura francese.

Potevamo noi della Redazione di una Milanese a Parigi non intervistarla?

Come puoi descrivere la tua esperienza a Parigi prima come conservatore al Museo d’Orsay e poi come direttore della programmazione al Museo Jacquemart André e al Maillol?

 

È stata un’esperienza che mi ha arricchita molto.

Nei musei francesi c’è una professionalità di altissimo livello e grande rigore.

Al musée d’Orsay ero l’unica conservatrice italiana nel “tempio” dell’Impressionismo, ma ho avuto la fortuna di avere un presidente, Guy Cogeval, che amava molto l’arte del nostro paese e mi ha dato l’opportunità di farla conoscere all’estero.

Con lui ho curato mostre sui Macchiaioli, sull’arte e il design italiano del primo Novecento (Dolce vita?), sullo scultore Adolfo Wildt, oltre a esposizioni su Frida Kahlo e il Doganiere Rousseau.

L’esperienza al musée Jacquemart-André e al musée Maillol è stata diversa perché mi occupavo di programmazione, dovevo cioè decidere la programmazione espositiva per tre musei (si aggiunge il Centre d’art Caumont ad Aix en Provence) per un periodo di tre anni.

Quindi lavoravo anche su 18 mostre contemporaneamente, con soggetti molto diversi, da Caravaggio alla Pop Art.

E con molto anticipo, per cui alcune di queste sono ancora in corso o hanno aperto da poco.

 

Il Jacquemart André, pur essendo un vero e proprio gioiello, non è tra i musei più conosciuti dal turismo di massa. Perché merita una visita?

Il musée Jacquemart-André, a mio avviso, soffre un po’ della concorrenza dei musei più noti, Louvre, Orsay e Pompidou, che sono inclusi in tutti i circuiti turistici.

Questo Museo una visita perché è una bellissima casa-museo, ospitata in un hôtel particulier di grande fascino.

Raccoglie la collezione di Edouard André e Nélie Jacquemart, mecenati che amavano molto l’arte italiana: vi sono capolavori del Rinascimento e affreschi di Tiepolo.

Nelle stanze dell’appartamento privato sono state ricavate sale espositive che ospitano mostre di dimensioni ridotte, ma molto raffinate. Insomma, tutto appare prezioso e una menzione particolare la merita la caffetteria, con i suoi famosissimi dolci.

 

Nel 2015 hai ricevuto un’onorificenza molto importante dal Ministero delle Arti e della Cultura di Francia. Sei stata nominata Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres. Com’è stata questa esperienza?

È stato molto emozionante, innanzitutto perché non mi aspettavo un tale riconoscimento, che il Ministero della Cultura mi ha attribuito per il mio lavoro di promozione della cultura italiana all’estero e dei rapporti culturali tra Italia e Francia.

Ed è stata particolarmente emozionante anche la cerimonia, che si è svolta nel bellissimo Salone delle Feste del musée d’Orsay.

Per una coincidenza fortunata, era anche il giorno del mio compleanno, per cui ho riunito tutta la mia famiglia e gli amici più cari a Parigi.

Un momento che non dimenticherò.

 

Ora sei rientrata in Italia e lavori come Curatore al Mart di Rovereto. Quali differenze ci sono con la Francia?

Sono tornata ad occuparmi dei temi che ho sempre studiato e amato, in particolare dell’arte italiana tra Otto e Novecento, e di questo sono molto felice.

Ho un ruolo di responsabilità, poiché sono stata nominata capo curatore dell’area moderna e con il presidente Vittorio Sgarbi c’è pieno accordo. Sicuramente mi sento più “a casa”.

Come ho spesso affermato, l’organizzazione del lavoro (dalla struttura del museo alla stessa divisione dei compiti) è meno rigorosa, ma questo ti lascia anche maggiore libertà, una “creatività” tutta italiana.

 

I tuoi tre indirizzi preferiti a Parigi? (per shopping, beauty, musei, gallerie )

Metto al primo posto le Galeries Lafayette, proprio perché racchiudono molti di questi aspetti, dai marchi di lusso, alle case di moda emergenti, fino ai prodotti di bellezza.

Anche l’architettura di inizio ’900, con la grande cupola in vetro, è molto suggestiva. Per qualche ora sembra di entrare in un mondo incantato.

Il museo del cuore è, naturalmente, il musée d’Orsay.

Anche quando vi lavoravo mi prendevo delle piccole pause per passeggiare nelle sale “da turista”, a museo vuoto, durante gli orari di chiusura al pubblico.

Era un grande privilegio e un modo per ritrovare la pace nelle giornate lavorative più caotiche.

E infine, la boutique Chanel in rue Cambon, una vera istituzione.

Un luogo di eleganza intramontabile, dove si può davvero sognare.

 

Ultima domanda: chiudi gli occhi ed immaginati di essere a Parigi. Dove sei?

In un mercatino dell’antiquariato, i famosi brocante che amo moltissimo, come il Marché-aux-Puces di Saint-Ouen e poi nella mia casa, nel quartiere del Marais.

Era il mio rifugio in una città che a volte può essere anche difficile, ma piena di fascino.

 

Mariolina

Web Content Editor

Una milanese a Parigi