A Milano non basta dire “ andiamo a mangiare una pizza“. Se prima era d’obbligo specificare “alta” o “napoletana”, oggi si fa prima a menzionare direttamente il locale prescelto.
Non stiamo qui a parlare di quanto la cosa ci stia sfuggendo di mano (pare che nei bar non si discuta più dei gol di Suso o Icardi, ma delle caratteristiche organolettiche dei pomodorini del piennolo), piuttosto godiamoci il periodo, nonostante significhi qualche giro in più sul tapirulan.
Se l’effetto “pizza gourmet” ha portato in dote anche esperimenti poco riusciti all’insegna degli accostamenti azzardati, Lievità invece si pone nettamente nel campo delle forze del bene.
Dove bene sta per semplicità, qualità degli ingredienti (una sfilata di dop, igt e BIO da far girare la testa agli ultrà della Cultura gastronomica) e leggerezza.
La leggerezza è forse poi il tratto più distintivo della pizzeria, grazie al perfetto rapporto farina di tipo 1 e l’impasto a lunga maturazione. Si esce sazi ma non appesantiti e la voglia di tornare per provare quella pizza con le zucchine trombetta sacrificata sull’altare di altre degnissime scelte è tanta.
Avvertenza: non è una pizza napoletana tradizionale, l’impasto e la farina utilizzata sono diversi così come le intenzioni. Astenersi dunque confrontatori seriali o amanti delle classifiche.
Avvertenza 2: locale piccolo e spesso affollato, si suggeriscono giorni feriali ai gourmand con alte aspettative.
sentitevi in dovere di :
- accompagnare la pizza con l’ottima birra proposta dal locale
- aspettare la pizza con un paio di montanare e crocchè al seguito e..
- … concludere con i dolci della pasticceria Il Giardino di Ginevra (tanta roba!)
Pantagruele