«I sessi sono diversi; eppure si confondono. Non c’è essere umano che oscilli così da un sesso all’altro, e spesso non sono che gli abiti a serbare l’apparenza virile o femminile, mentre il sesso profondo è l’opposto di quello superficiale.».
(Virginia Woolf, Orlando)
«Le persone di tutte le età, in tutti i mercati del mondo, stanno definendo la loro identità con una libertà prima sconosciuta. Il risultato è che i consumi non potranno più essere definiti da segmenti demografici come età, genere, residenza, stipendio, status familiare»
(Dal sito Trendwatching.com)
“Sempre più, mi sento istintivamente in diritto di tradurre la stessa idea per entrambi i sessi.” Miuccia Prada
I confini che dividono gli steccati estetici tra maschio e femmina sono oggi labili e liquidi, e sono progressivamente sfumati di epoca in epoca.
A partire dal mito degli ermafroditi di cui parla Platone nel Simposio alle mises sfarzose di Luigi XVI, alla mistica del dandy di Oscar Wilde e/o Charles Baudelaire, alla “Peacock Revolution” londinese degli anni Sessanta, al glam rock degli anni Settanta; continuando con la cura maniacale del corpo degli anni Ottanta fino ad arrivare al “New Normal” dei Duemila con felpe, tute, sneakers, cappellini e zaini indossati trasversalmente dall’uno e dall’altro sesso. Indistintamente. Ecco quindi arrivare nel fashion il gender flux, o genderless che propone capi identici per lei e per lui e collezioni uniche.
Nella moda di lusso, il cambiamento è stato evidente sin dalla NYFW A/I 2015-16 con marchi quali Public School, Hood da Air e Telfar, e con l’apparizione di super model come Lea T e Andreja Pejic che sfilando portano la fluidità di genere all’interno dell’haute couture.
Nel frattempo anche Selfridges, il grande magazzino britannico, crea una sezione pop-up al suo interno chiamato “A-GENDER” in collaborazione con il designer d’interni Faye Toogood: gli abiti e gli accessori venduti sono di marchi di moda come Nicopanda, Ann Demeulemeester e Yang Li. Il pop up è destinato ad essere un luogo in cui uomini e le donne possono fare shopping e scegliere vestiti insieme, senza essere relegati al reparto uomo e al reparto donna.
La tendenza del genderflux (come ogni tendenza che si rispetti) segue la logica dello “sgocciolamento” (dall’alto verso il basso) e penetra anche in marchi di massa come 69, Acne, APC che nelle loro collezioni scelgono uno stile identico per lei e per lui ma con tagli leggermente diversi.
“Cedo sempre più facilmente al desiderio di tradurre la stessa idea di abito per entrambi i sessi» dice Miuccia Prada e la sua diventa la descrizione puntuale di quello che sta accadendo nella tendenza del genderless.
“Cinque anni fa non eravamo pronti per questo», dice al New York Times Humberto Leon, fra i sostenitori del nuovo genere fluido e della nuova tendenza. “Oggi sì”. Oggi infatti esiste un etichetta, un nome, e la tendenza è stata accettata, legittimata ed è diventata di massa.
Così anche il fast fashion, come Zara, propone UNGENDERED: una nuova sezione fatta da 16 articoli che spaziano dalla t-shirt alle felpe denim ai bermuda unisex e in colorazioni neutre, costruite in cotone o misto cotone identiche per lei e per lui. Sul sito, i pezzi della collezione sono indossati e fotografati sia su un modello maschile sia femminile. E perché è di Zara che si sta parlando (e, in particolare, la sua più conveniente-gamma TRF), niente supera i 50 euro.