Questo piccolo borgo colorato, ricco di piante, fiori e profumi con poco più di cinquecento abitanti, è diventato nel corso degli anni e della sua storia un gioiello nel cuore della Normandia.
Ed è proprio in questo angolo silenzioso un po’ fuori dal mondo che Claude Monet, uno dei pittori più importanti della corrente impressionista, vi si stabilì dal 1883 fino alla sua morte nel 1926.
Stancatosi dalla vita frenetica di città acquistò insieme alla moglie una grande casa – oggi sede della Foundation Claude Monet– con un giardino e un corso d’acqua ai quali dedicò molto tempo e cura fino a renderlo un gioiello di inestimabile bellezza che noi tutti oggi conosciamo come il giardino delle ninfee.
La casa è dentro e fuori scintillante di colori vivaci che si discostano dagli interni, piuttosto scuri: la facciata è rosa, la cucina è rivestita di mattonelle decorate in blu, la sala da pranzo è di un giallo vivo e il salotto di un azzurro delicato. Il tutto è arricchito da un’ampia collezione di stampe giapponesi. L’oriente e lo stile nipponico sono infatti gli “amori segreti” del pittore.
Davanti alla casa, si trovava un orto che Monet trasformò in un giardino vibrante di colori, coltivando numerose specie di fiori che sbocciano in diversi periodi dell’anno, diventando una delle sue principali fonti di ispirazione.
Qualche anno più tardi, nel 1893, Monet arricchì la sua proprietà creando il bacino delle ninfee, uno specchio d’acqua ottenuto grazie alla deviazione di un affluente dell’Epte, il Ru, nel quale egli coltiva una nuova specie di pianta, presentata all’Esposizione Universale del 1889 e ottenuta dall’incrocio delle ninfee bianche con delle varietà tropicali. Nasce, così, il fantastico giardino acquatico percorso dal famoso ponte giapponese, che viene immortalato nella famosa serie delle Nymphéas. (Oggi costudite al Museo de l’Orangerie)
Monet passava le sue giornate a dipingere in riva al laghetto, tanto da produrre una serie di 250 dipinti, indagando i diversi effetti della luce sul medesimo soggetto a seconda delle condizioni atmosferiche e ai differenti momenti della giornata. Come fece anche per la serie di dipinti della Cattedrale di Rouen e dei Covoni.
Le ninfee di Monet, non sono solo una delle serie di dipinti più emozionanti di sempre, ma rappresentano anche l’ultimo baluardo dell’arte Impressionista, nonché il simbolo di una speranza che dalla fine dell’Ottocento persevera anche nei primi del Novecento; Speranza che venne meno dai due conflitti mondiali che sconvolsero il mondo, arte compresa. Giverny diventa quindi per Monet un rifugio dalla guerra, un angolo intoccabile ed isolato di paradiso dove in realtà l’Impressionismo non è mai morto. La casa rimase poi chiusa ed abbandonata per oltre vent’anni, rinasce grazie alle cure attente di Gérald Van Der Kemp, stimato conservatore di molti musei francesi, che ne riapre le porte al pubblico nel 1980. Oggi conta 700.000 visitatori l’anno e ne fa una meta fuori porta irrinunciabile quando si è a Parigi.
Quest’anno dal 3 aprile al 6 settembre in tutta la Normandia e in particolare a Giverny si terrà un festival dell’Impressionismo, con mostre spettacoli ed eventi.
Se avete in programma un viaggio a Parigi inserite Giverny nel vostro itinerario. È una meta adatta sia per grandi che piccini.
Qualche consiglio
Ci sono tanti modi per raggiungere Giverny. Ci si può arrivare con un treno dalla Gare St. Lazare in direzione di Vernon (durata del viaggio, 45 minuti) o con l’automobile. Io avevo noleggiato una vespa rossa e avevo fatto un viaggio decisamente un po’ più lungo- ma più avventuroso e caratteristico tra i tanti paesini della Normandia. Siate folli!
Se cercate un buon posticino dove mangiare non posso che consigliarvi l’antico Hotel Baudy. Un locale storico con arredi d’epoca. Divenuto così famoso e gettonato in quanto luogo di ritrovo di gruppi di pittori impressionisti, tra cui lo stesso Monet. Sempre molto affollato, è consigliabile la prenotazione. Se riuscite fatevi accomodare nel portico, rimasto intatto e con vista su un meraviglioso roseto.
Il tempo (quello atmosferico! Conta molto). Io sono stata molto fortunata. Dopo una mattinata ed un primo pomeriggio soleggiato prima di lasciare Giverny ci fu una breve e fresca pioggerella estiva che ha donato al piccolo paesino una luce e dei colori degni di una tavolozza.
Per quanto questo piccolo borgo sia stupefacente, rimontate a bordo delle vostre vespe o riprendete subito il treno. Tornate a Parigi verso le 18.30, quando il cielo di tinge di rosa e il caldo si fa meno pesante. Concedetevi un bicchiere di vino in una costosissima brasserie. Quando lasci Parigi è bello soprattutto tornarci!