Quando penso a Parigi mi immagino un quadro di fine ottocento; Montmartre, quando la collina era ricoperta di inebrianti vitigni e il vento muoveva incessante i mulini.
Di certo non le serve nessuna presentazione; è la città per antonomasia di tante cose: amore, cultura, storia, luci, eleganza, atmosfera.
Per me è casa.
L’ho sentito fin dalla prima volta che sono ci sono venuta. L’ho conosciuta da bambina, da turista, da studente, da innamorata, da amante e infine da cittadina.
Già perché il mio sogno era quello di vivere a Parigi.
Il mio era uno di quei pied-à-terre al quinto piano di un palazzo senza ascensore in rue Montmartre. Due balconcini di ferro battuto, un camino di marmo nero, la vista sui tetti di ardesia e sul cielo che sembra sempre un po’ imbronciato; un po’ come le parigine.
Mi sono sempre chiesta da dove venga lo loro nonchalance e quel modo di essere sempre chic, con l’aria di chi non ha mai fatto il minimo sforzo.
Ciò che mi incanta ogni volta è il modo di essere sempre diversa pur restando sempre la stessa.
Mi piacciono alcune certezze di Parigi, come l’odore delle baguette appena sfornate nelle boulagerie,i tanti colori dei macarons, la fila incessante davanti a Louvre.
E poi l’imprevedibilità, come il cielo, come i colori dell’autunno che arrivano all’improvviso, come l’amore che nasce al primo sguardo seduti dentro un taxi o in una camera d’hotel.
Appartengo a questa città, alle sue vie, ai suoi profumi, alla sua magia. Quando dico “il mio cuore è a Parigi” so benissimo che il mio cuore non si sposta di un centimetro dal mio petto, ma so anche che è un muscolo intelligente; batte, si contrae e lo fa sfuggendo al mio controllo.
E’ quell’elemento che mette in moto ogni emozione. E’ quella parte irrazionale che sta in me.
Ed è questa irrazionalità, questa frenesia che mi scorre nelle vene ogni volta che torno a Parigi… oggi come una trentenne in cerca ancora di quel je ne sais pas, un po’ come Audrey Hepburn in Sabrina un po’ come Carry di Sex and City catapultata nella Ville Lumiere. Eterne sognatrici, inguaribili romantiche.
E se qualcuno dovesse chiedermi qual è la cosa che più mi piace fare quando sono Parigi, la mia risposta è un cliché; è correre senza meta, con uno chignon in testa, il rossetto rosso e il mascara un po’ sbavato a Place de la Concorde, gridando ora come allora “ O mon Dieu” e augurandomi che il meglio dovrà ancora venire.