Si sono sistemati li’, sotto la fontana, padre e figlio.
E tu che distrattamente gli stai passando accanto, diretta all’Odeon, non puoi impedirti di rallentare il passo, il tuo sguardo é stato attirato sino a loro da una melodia jazz.
Ti fermi, ti fai spazio tra la piccola folla di turisti e passanti che li attornia e lo spettacolo ha inizio…
Hanno trent’anni di differenza e lo stesso stile: beretto, bretelle, bastone, camicia bianca con le maniche arrotolate, che contrasta dolcemente con il colore scuro della loro pelle, e scarpe magiche.
Si alternano, sorridendo, danzando e roteando su un’asse di legno.
Il bambino non ha più di 9 anni, e guardarlo ballare tenendo il ritmo dei colpi leggeri e precisi dei suoi tacchi é un momento di straordinario fascino. I suoi occhi riflettono l’allegria e l’orgoglio di danzare sotto gli occhi estasiati del piccolo pubblico, ma soprattutto di suo padre.
Lui, il papà, lascia che i propri passi raccontino a suon di musica la storia di questo ballo, nato nei sobborghi americani, dall’unione tra la cultura irlandese e quella africana.
La complicità, la gioia e la naturalezza con cui si muovono mi lascia immaginare i pomeriggi trascorsi ad allenarsi ed a ripetere insieme, magari sotto lo sguardo intenerito della mamma e l’espressione compiaciuta della compagna di una vita.
Ed ogni altro modo di percorrere le strade di Parigi mi sembra ora talmente inappropriato…