BERNARD AZIMUTH e il suo HAMLET
Ed è già sufficiente per essere interessati, qualsiasi cosa sia, questo nome evoca un mondo gigantesco.
Shakespeare in generale mette tanta paura ad attori e registi, per la sua infinita quantità di vita ed energia con la quale tutti gli umani di ogni secolo passato o a venire si confrontano. Shakespeare che affermava che tutte le storie erano già state scritte, che ha dato al genere umano una disponibilità materica incapace di terminarsi anzi che cresce ogni volta che qualcuno affronta i suoi testi.
Il più grande conoscitore del suo lavoro a giorno d’oggi mi sento proprio di dire che sia un certo Peter Brook, inglese di origine e trapiantato a Parigi da decenni, un pilastro del teatro moderno, un maestro nel più autentico senso della parola.
Tutti tremano al pensiero di portare in scena Shakespeare, Brook ci dice con semplicità ed efficacia di dimenticare che sia Shakespeare, di lavorare attivamente sui milioni di suggestioni che questa Montagna ci ha donato, e basta.
Di cosa tratta Amleto? Qual’e’ il tema di questa pièce? Io l’ho letto e ci ho lavorato a diverse riprese ma la mia piccolezza e’ tale che solo guidata ho potuto cogliere un pochino di quello che questo portone 100m per 100m nasconde.
Amleto tratta dell’incapacità d’agire dell’essere umano. Svelato uno dei più grandi misteri. Queste quattro parole in croce ci fanno fare il giro del mondo in tre secondi talmente sono dense di significato e ciò vale sempre da sempre e per sempre quando si tratta di genere umano. E sempre e’ una parola troppo difficile da utilizzare e io ne ho molta paura, ma non in questo caso.
L‘Hamlet che propone Bernard Azimuth, con la regia di Jean-Hervé Apparé, é una rielaborazione molto particolare in quanto sceglie di mettere in scena tutti i personaggi da solo, in più c’è lui come attore, la sua famiglia, il momento presente, digressioni, pubblico e il suo ruolo di moderatore in questo grande melting pot.
Il lavoro attoriale sui personaggi e’ indubbio e corposo a maggior ragione quando s’impone un ritmo abbastanza sostenuto, ognuno di loro e’ ben delineato e riconoscibile da posture, azioni fisiche e vocali precise e non è facile mischiare così tante cose, tra cui il testo originale, e mantenere abbastanza ordine da non far perdere la bussola al publico ed Azimuth ci riesce, l’esperienza non manca insieme a pause ben studiate, sorprese e battute fatte apposta per piacere al pubblico (francese)!
Non ho apprezzato alcune scelte di regia però, che sembrano essere state messe proprio per far ridere il pubblico, per non chiederegli un ingaggio attivo, fondamentale per una riuscita autentica, preferendo di piacere a tanti facilmente invece che a meno con coscienza. Ma questo è un po’ il grande dibattito che scaturisce parecchio teatro parigino e comunque occidentale di questi tempi puntando a un blablatismo masticato fino a diventare aria che il publico neanche si accorge di respirare, rimanendo così nel suo quadratino informe dove tutto deve parer andar bene.
Nello specifico del nostro Hamlet mi riferisco a musichette fra un cambio di scena e l’altro, addirittura alla fine durante i saluti, e da parte dell’attore troppi commenti e spiegazioni che mi hanno imbarazzata talmente fossero lunghi e fuori luogo.
L’idea è interessante e ci sono dei passaggi molto fluidi e sviluppati bene ma queste cosucce da teatrino da sagra sporcano pesantemente il tutto.
- Dove: Azimuth, 17, boulevard de Strasbourg – Paris – Metro Strasbourg Saint-Denis
- Quando: dal 4 febbraio al 30 avrile alle 19
- Costo del biglietto: da 12 a 22 euro