Una folle voglia di rallentare
“La gioia può esistere solo se vi è una piena presenza nel mondo,
l’attenzione alle persone alle e cose.
Non può esserci una gioia profonda nel fermento.
Eccitazione, sì. Gioia, no.”
(Frédéric Lenoir)
Si tratta di una rivoluzione dolce, senza rumore, quella della “slow life“. Avvicina l’hippy e il no-global, a valori più alti, come il prendersi cura di sé e del proprio stile di vita. Ciò che c’è di nuovo è che questa aspirazione non è più riservata a una minoranza, ma è una tendenza che si sta diffondendo in tutti i campi, trasversalmente, dalla moda alla musica, alla letteratura. E’ un’avanguardia, della quale si stanno appropriando in tanti: dal/la manager di successo, alla mamma che lavora tanto (troppo) e che sceglie (quando può) di “lavorare meno, per guadagnare meno, ma stare meglio“.
Lo stilista belga Raf Simons, lasciando Dior, di cui è stato il direttore artistico, è diventato forse a suo malgrado lo standard, nel mondo della moda, per coloro che aspirano a riguadagnare il proprio tempo.
In un’intervista, pochi giorni dopo le sue dimissioni lo scorso ottobre, ha spiegato: “Non c’è mai abbastanza tempo. Sono sempre in tensione. Riesco ad uscire da questo stato solo nella mia vita personale. Vado in campagna a osservare la natura per tre ore. Questo è il mio paradiso […]“. Come farlo nel contesto professionale? Raf Simons si è attualmente dimesso, e ha preferito riprendere in toto la sua libertà.
Non è l’unico. Altri rispondono in modo simile, in tutto il mondo, preferendo questa decelerazione che passa attraverso tanti livelli.
Stanchi della velocità dall’alba al tramonto, di smart-phone incastonati al corpo, di cuffiette bianche che diventano piccole protesi dei nostri timpani, e stanchi di mani che touchano schermate quando potrebbero accarezzare, scolpire e volteggiare.
La Francia non fa eccezione. Pierre Rabhi, filosofo e agricoltore biologico, sta vendendo tantissime copie de “La puissance de la modération”, (Edizioni Hozhoni), non tradotto ancora in italiano, dove esalta la potenza della “via di mezzo”, uscendo dal classico schema “o bianco” o “nero”.
Nel mondo della musica, il rapper Oxmo Puccino, presenta nel mese di novembre un pezzo dal titolo “Slow Life“: “Lo “slow-life”, la vita lenta, non è la non-vita” dice in un’intervista al magazine on line Elle.fr: lo slow life è trovare il proprio equilibrio personale. Dobbiamo combattere contro la dittatura della velocità. Oggi, ci sono troppe informazioni, e-mail, tweets … Tutti questi messaggi che si ricevono causano un micro-stress.
Così, quando c’è una notizia significativa – come la morte di David Bowie – veniamo inondato di messaggi. Questo crea materiale troppo emotivo che vibra nell’aria intorno a voi. Non possiamo assorbire tutto. Dobbiamo imparare a proteggersi.
Avete abbastanza disciplina per essere uno spirito libero?
La danza è per antonomasia una dei mondi, con più convenzioni e con più regole. Fa eccezione, a mio parere, la danzaterapia che, come forse la danza più performativa, lascia libero spazio e libero tempo al corpo per esprimersi come vuole.
Qui a Parigi, in una palestra del Marais, circa una volta al mese, si tengono corsi di danzaterapia. E’ la danza dei cinque ritmi: le due ore di una lezione sono divise a loro volta in sessioni composte da cinque musiche diverse. Cinque musiche che variano da lezione in lezione, e che vanno in crescendo e decrescendo durante la singola lezione come formando un’onda.
Cinque ritmi che sono cinque energie, cinque spazi di libertà: ogni individuo esplora attraverso il movimento e la danza, una gamma infinita di ciò che è, o che si sente di essere. Rallenta, ammortizza, respira.