Cosa resta del vecchio quartiere della trasgressione, crocevia di malavitosi, prostitute e turisti in cerca di brividi?
C’era una volta Pigalle, quartiere a luci rosse di Parigi, dove i turisti facevano la fila per entrare nei bar, nei night club per respirare quell’aria un po’ dissoluta e maledetta che aveva ispirato Toulouse Lautrec e Manet.
Era diventata la mecca di ogni tipo di outsider: attori, ballerine, artisti, scrittori i quali si perdevano tra alberghi ambigui e locali notturni, i tipici bar americani degli spettacoli equivochi.
Vite sfrenate caratterizzate da povertà, insuccessi, risse, invidie, sbronze e spari.
C’era anche Le Bistrot du curé (l’osteria del curato), un singolare bar – ristorante aperto negli anni settanta da un sacerdote per testimoniare la presenza cristiana nel quartiere. Esattamente al n. 21 di Boulevard de Clichy, stretto tra un sex shop e la vetrina di un negozio di biancheria intima sadomaso, Le Bistrot du curé offriva di rifocillare il corpo e l’anima.
Con il passare degli anni il bistrò chiuse i battenti. I clienti si erano rarefatti: un po’ perché attratti più che dalla meditazione e dalla preghiera, dal sesso facile che si poteva consumare nel quartiere; ma soprattutto perché Pigalle nonostante la sua reputazione, non era più luogo sulfureo di un tempo e dunque vi erano meno peccatori da redimere.
Forse è stata tutta colpa della globalizzazione: tutti i quartieri a luci rosse delle grandi città si sono banalizzati e sembrano assomigliarsi sempre di più. In un certo senso Pigalle è diventata asettica: al posto dei night club dove i turisti accorrevano per vedere gli spogliarelli, pullulano i sexy shop specializzati nei live show.
Pigalle è diventata finzione, una Disneyland del sesso piuttosto squallida.
Resta però ancora un grande cabaret, ultimo superstite del passato splendore; è il mitico Moulin Rouge che si affaccia su Place Blanche.
Raffinato e perfetto per una serata sexy chic. Seduti ad un tavolo con una bottiglia di champagne e un piatto di fois gras, si osservano meravigliose ragazze avvolte in piume, strass e paillette che si muovono in balli seducenti e provocatori. Uno spettacolo che dopo centoventisette anni registra ancora il tutto esaurito.
Come non citare allora un pittore come Toulouse Lautrec? Amante e frequentatore del Moulin. Lautrec ci ha regalato una serie di opere d’arte non solo in grado di testimoniare quel mondo, ma anche di promuoverlo.
Ma il luogo più interessante ,oggi,del quartiere a luci rosse è chiuso in un museo. Si tratta del Museo dell’erotismo (al n. 72 del boulevard de Clichy); non un banale sexy shop ma un vero e proprio spazio culturale, un edificio a sette piani dove si possono ammirare dipinti e sculture che celebrano l’amore fisico e decine di fotografie erotiche scattate tra la fine del Ottocento e i primi del Novecento, senza dimenticare gli ambienti suggestivi, meticolosamente ricostruiti delle maisons closes, le case di tolleranza di una volta.
Ciò che resta di questo quartiere diventato “famoso” per i suoi eccessi è SoPi; letteralmente South Pigalle, dove si respira un clima di assoluta libertà dove nulla è necessariamente volgare; la gente che vive qui è eterogenea; di girono si incontrano giovani coppie così dette Bourgeois –Bohemien (BOBO), impegnati con bimbi, carrozzine e buste della spesa dei piccoli negozietti. La sera invece è frequentata da una gioventù frizzante che consuma il rito dell’aperitivo e aspetta di vivere la follia della notte in uno dei tantissimi ritrovi notturni.
Vale a dire che negli anni Pigalle ha perso il suo smalto. Tutto è meno equivoco e le luci da rosse sono diventate praticamente rosa, ma che importa?
A noi nostalgici, piace ricordarla così, trasgressiva, sensuale e pericolosa.
Sta ad ogni visitatore moderno esplorare il quartiere e cercare lo spirito autentico della (vera) Pigalle dai colori rossi di ieri e quella più rosea ( un po’ meno vera) di oggi.
E Con tutte queste luci non mi resta che augurarvi un felice e sereno Natale, sicuramente un po’ inusuale … ma pur sempre Natale.
Mariolina